sabato 8 giugno 2019

CIRCA L'ARTE E L'ARTIGIANATO


(Virginia. collage digitale)


Nell'introduzione della CARTA INTERNAZIONALE DELL'ARTIGIANATO ARTISTICO leggo che "gli oggetti dell'artigianato artistico e tradizionale vanno considerati opere dei popoli recanti un messaggio spirituale e culturale, nonchè testimonianze delle tradizioni e della creatività da trasmettere alle prossime generazioni", sfrutto quindi il mio canale privato, e cioè il presente blog, per dire la mia opinione strettamente personale e umana. Parlo come artista che si interroga circa la realtà in cui si trova, cercando di capirla al meglio delle possibilità che il Signore le ha fornito e in seguito tento di rendere un contributo, fosse anche solo con una riflessione che non leggerà nessuno.... .

Ritengo che nella frase citata sia racchiuso il seme della Rinascita, questo mi rende particolarmente seria e timorosa.
I timori più grandi, inutile dirlo, vengono da una parola, che è un aggettivo e cioè "spirituale". Con questa parola infatti si apre, ai miei occhi, una porta che è rimasta chiusa fin troppo a lungo, per noi evoluti uomini occidentali.

Se è vero, come è vero, quello che leggo, l'artigianato artistico rappresenta, tra le altre cose, una risorsa economica.
Se è vero, come è vero, che l'artigianato artistico reca un messaggio spirituale, mi trovo di fronte a un valore più ampio, un valore quantificabile secondo due parametri, dei quali uno è di difficile quantificazione (il messaggio spirituale).

Che messaggio spirituale può recare un prodotto artigianale?
Dal mio punto di vista può recare un messaggio cosmico, perchè dal mio punto di vista tutto ha un'anima, anche la puffetta dell'ovino kinder...
Può un oggetto avere un'anima?
Certo che può, può addirittura contenere l'anima di un popolo intero.

Seguendo questa corrente riflessiva, mi rendo conto di essere giunta a quello che secondo me è il nodo dei nodi della questione e cioè il cambiamento onnicomprensivo che stiamo vivendo e che ci costringe, volenti o nolenti, a porci delle questioni che finora non avevamo pensato potessero andare a braccetto con l'economia.
Perchè alla fine, da qualsiasi punto di vista la vogliamo guardare, se si esclude la possibilità della scelta eremitica, tutto si riduce a una questione di denaro, in quanto energia necessaria per fare le cose e per pagare le bollette e gli affitti.
Se però usciamo per un secondo dalla logica individualista e soffocante a cui ci costringe la necessità della sopravvivenza, possiamo osare di ipotizzare la costruzione di realtà nuove, che non devono per forza avere la forma di ecovillaggi, possono anche prendere la forma di fucine creative, luoghi di scambio di idee, luoghi di comunicazione, centri di primo soccorso per outsider desiderosi di collaborare al Nuovo che avanza.
Questa riflessione, lungi dal voler proporre soluzioni, ha l'ambizione di incontrare palati sottili, che sappiano riconoscere la freschezza dell'erba di campo...e che siano affamati abbastanza da sentire ancora l'odore di fresco, in mezzo al crollo di Babele.